Mostra personale di Angelo464
La meraviglia è svanita, ora sono una cosa come le altre, una di quelle cose che semplicemente ci sono sempre e ovunque e che, ci siamo resi conto, non è che cambino il mondo. C’è a volte del fastidio, non si può negare, perché, a essere precisi, non ci dovrebbero essere. Inoltre, sono anche un po’ infantili, ma ormai la tolleranza vince: alla fine è solo colore.
I pendolari ormai non ci fanno più caso, i cittadini non si indignano più, anzi spesso dicono che questi ragazzi meriterebbero degli spazi perché alla fine sono bravi. Fine della violenza, tutto quel colore è diventato invisibile. Da quando Taki 183 accetta il lavoro di corriere alla fine degli anni ’60 ad oggi la storia è molto lunga e il mondo è cambiato radicalmente. In tutto questo tempo la società occidentale ha avuto tutto il tempo per imparare cosa sono, per dargli un nome, anche a fronte della crescita del fenomeno che ha assunto dimensioni che nessuno si sarebbe mai immaginato: il più grande movimento artistico del mondo, persino più grande della pop art - spesso viene definito così dai pionieri.
Oggi sono semplicemente graffiti. I writer non si fermano, ma ora per catturare l’attenzione serve altro: la modalità del grido dei quindicenni del Bronx che rivendicano la propria esistenza non funziona più. I dipinti di Angelo464 sono discreti, si colgono giusto con la coda dell’occhio, ma hanno la forza di farti voltare per verificare: ci hai visto giusto, o sei ancora assonnato visto che sono le 7.31? Perché su quella carrozza di un treno merci c’è un pezzo di un treno passeggeri? Quei colori non dovrebbero stare lì. Nemmeno i ferrovieri sanno darsi una risposta.
E nonostante gli strumenti siano gli stessi usati dai writer – come pure lo è la matrice illegale dell’atto - a colpo d’occhio quelle finestrelle evocano tutt’altro che fastidio. È una sensazione molto più ambigua, eppure così familiare. Il treno! Quei colori, quei tre colori, bisbigliano a molti. Bastano quelli, riprodotti su un treno merci, su un treno con una livrea differente o su una tela, non serve l’intera ferrovia per far riemergere fuori mille momenti.
I colori della livrea XMPR, la più riconoscibile e diffusa tra quelle delle ferrovie a partire dagli anni ’90, hanno caratterizzato il tempo di chi frequenta le stazioni italiane: chi col treno ci viaggia, ci pendola, chi parte, chi resta, chi ci lavora, pulendo, guidando, controllando i biglietti o i passaggi a livello, chi al passaggio a livello aspetta che il treno passi fissando quelle linee continue sulla fiancata, chi beve il caffè al bar della stazione, chi li fotografa, chi ci dorme e chi li dipinge. Tutti questi momenti sono ricordi di una miriade di persone che si accompagnano a sensazioni diverse a seconda di come hanno vissuto e vivono il treno. Per rubare la formula a un grandissimo pittore, quei colori, proprio perché associati ai treni, evocano stati d’animo. In qualche modo, ha molto senso che sia stato un writer ad accorgersene, lui che ha a che fare coi colori da più di 20 anni e ormai ne conosce i poteri più segreti. È servito abbandonare un certo tipo di linguaggio che paradossalmente era arrivato ad annoiarlo, è servito porsi di fronte al proprio supporto come un pittore astratto minimalista, rinunciando a quel nome e a quel tratto personalissimo che determina l’obiettivo ultimo di un writer, lo stile unico e originale.
Solo così la sua ossessione per i treni e le ferrovie smette di manifestarsi con un linguaggio chiaro solo for us, cioè solo per i writer, e si apre a chiunque sia stato portato dai propri passi in qualche momento in una stazione italiana.
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